giovedì 27 aprile 2017
lunedì 24 aprile 2017
Tutto quello che dovete sapere sulla Sensibilità al Glutine
Buongiorno, questa
mattina ho deciso di affrontare un argomento di cui si sente parlare sempre più
spesso: la sensibilità al glutine.
Presente nel grano, nell’orzo, nella segale e in
altri e differenti tipi di frumento,
il glutine è un aggregato proteico la cui composizione è per il 45 %
attribuibile alle gliadine e per il 55 % alle glutenine.
Il glutine, che si
forma a partire dalle proteine gliadine
e glutenine, costituisce in soluzione acquosa una massa reticolare,
elastica e porosa che rappresenta la struttura principale dell’impasto per la
panificazione. In termini fisici,
la sua caratteristica principale è la visco-elasticità. Ciò si traduce
in un “materiale” sia elastico che plastico, che presenta la capacità di mutare la propria forma
originaria. In ambito panificatorio, fra le implicazioni pratiche si
ricordano: l’aumento di volume dei prodotti da forno lievitati, la capacità di
trattenere l’amido durante la cottura della pasta e di ritardarne
l’assimilazione durante la digestione.
L’insieme
gliadine-glutenine, definito“prolamine”, è considerato difficile da digerire per la sua ricchezza in prolina. Le difficoltà digestive legate alla prolina dipendono sostanzialmente
dalla mancanza degli enzimi digestivi definiti prolil-endopeptidasi
(PEP) nell’intestino umano.
Le modifiche
genetiche dei grani contenenti glutine, avvenute negli ultimi 10.000
anni per migliorarne gli aspetti quantitativi e qualitativi, hanno costituito
un “errore evolutivo” che ha
determinato le condizioni di base per la comparsa di patologie dipendenti
dall’esposizione a questa sostanza. Queste forme d’intolleranza al glutine
coinvolgono un gran numero di persone e sono tra le patologie più frequenti in
assoluto. La sola celiachia interessa, nelle popolazioni di origine europea,
circa l’1 % della popolazione, sia in età pediatrica che in quella adulta.
La reattività al glutine, non è però solo celiachia.
Quando né il
meccanismo allergico, né quello autoimmunitario sono coinvolti, si parla di SENSIBILITÀ
AL GLUTINE (gluten sensitivity),
una condizione che sembra coinvolgere una popolazione maggiore rispetto a
quella affetta dalle altre forme di reattività al glutine. La celiachia è
un’enteropatia autoimmune genetica causata dal consumo di glutine. La
sensibilità al glutine, invece, è una forma d’intolleranza sintomatica nei confronti del glutine. Non esistono markers
tipici per identificare la sensibilità al glutine a tutt’oggi. Pertanto, solo grazie
a una diagnosi per esclusione – assumendo che lo spettro di reazione al glutine
copra tre grosse categorie (allergia, celiachia, sensibilità) – è possibile
riconoscere la sensibilità al glutine e correggerla
con una dieta priva di glutine.
Chi ne soffre non
tollera il glutine e sviluppa sintomi che possono essere molto simili a quelli
delle persone affette da celiachia. La sensibilità al glutine, infatti, è una reazione
all’assunzione di glutine in casi in cui celiachia e allergia al
frumento sono state escluse. A differenza dei celiaci, nei pazienti colpiti
da sensibilità al glutine non sono presenti
anticorpi anti-transglutaminasi e non
si hanno alterazioni istologiche.
I sintomi della
sensibilità al glutine comprendono:
Disturbi Gastrointestinali:
- senso di pesantezza allo stomaco
- diarrea
- dolori addominali
- bruciore epigastrigo
- nausea e vomito
- borborigmi
- gonfiore addominale
- stipsi
Disturbi
Extraintestinali:
- sensazione di confusione mentale
- cefalee
- rash cutaneo
- dolori articolari
- dolori muscolari
- depressione
- anemia
- formicolio o perdita di sensibilità alla parte distale degli arti (gambe, braccia, dita)
- lipotimia
- glossite
I sintomi si
presentano di norma alcuni giorni (oppure ore) dopo il consumo di alimenti
contenenti glutine.
Allo stato attuale
non vi sono marcatori diagnostici per la sensibilità al glutine, pertanto si
tratta di fatto di una diagnosi per
esclusione. Per la corretta diagnosi di sensibilità al glutine è importante
soprattutto per prima cosa che vengano escluse, con i metodi diagnostici
conosciuti, celiachia e allergia al frumento.
Per quanto non
siano ancora disponibili indagini ad ampio respiro nella popolazione generale,
sembra che questa condizione sia 6-7 volte più frequente rispetto alla
celiachia. I dati epidemiologici più solidi si riferiscono alla sola
malattia celiaca: in Italia 1 abitante su 100 circa è celiaco; a fronte dei
circa 110.000 casi già diagnosticati esisto- no almeno 500mila celiaci sfuggiti
alla diagnosi ma esposti al rischio di complicanze. Fra i nuovi nati, poi, si
contano annualmente circa 2.800 casi riconosciuti come celiaci e 5mila sono gli
adulti di nuova diagnosi. Tuttavia la popolazione “sensibile al glutine” è
di gran lunga superiore rispetto a quella dei celiaci.
Come si
diagnostica?
Nella Sensibilità al Glutine è
possibile un coinvolgimento della sola immunità innata. L’approccio
anamnestico nella sua diagnosi è di notevole importanza. In primo luogo è
necessario stabilire se il soggetto dimostra sintomi che siano associabili alla
Sensibilità al Glutine. Considerando che tali sintomi sono facilmente
sovrapponibili a quelli della celiachia, il primo passaggio consiste nel
sottoporre il soggetto ai test utili ad escludere la celiachia. Esclusa la
celiachia ed eliminate anche le altre condizioni tipiche associate a tali
sintomi (es. l’allergia al grano) è quindi necessario procedere con la biopsia intestinale e la ricerca di anticorpi antiglutine nel sangue.
Gli anticorpi antiglutine non sono specifici per la Sensibilità al Glutine ma
possono essere presenti sia nel soggetto celiaco che in una ridotta percentuale
di soggetti normali. Tuttavia, qualora la biopsia non mostri la presenza di
alcuna patologia, inclusa la celiachia, il riscontro
di anticorpi antigliadina aggiunge peso alla diagnosi di Sensibilità al Glutine ed è opportuno iniziare un
trial con una dieta priva di glutine.
Hai riscontrato questi sintomi? Scrivimi all'indirizzo stefania.dellatte@libero.it per prenotare una visita di controllo o una consulenza via Skype.
mercoledì 19 aprile 2017
Gli agrumi... alla scoperta di queste meraviglie
Scopriamo oggi il valore degli agrumi e la loro bontà! Non mancheranno le sorprese su alcuni dati falsi riguardo al loro uso.
domenica 16 aprile 2017
giovedì 13 aprile 2017
Il cioccolato fondente aiuta a perdere peso!
Ami il cioccolato e proprio non puoi farne a meno? Non
preoccuparti, la scienza della nutrizione viene dalla tua parte! Sapevi che 20
grammi di cioccolato fondente al giorno (meglio se inseriti in una dietoterapia
personalizzata) possono facilitare la
perdita del peso? Gli effetti dimagranti, grazie al cioccolato fondente
(almeno all’80%) possono essere potenziati del 10%. Non è fantascienza o una
falsa speranza ma pura scienza e chimica degli alimenti.
Dunque oltre a facilitare
il rilascio di endorfine (responsabili del buon umore) e a ridurre lo
stress, il cioccolato fondente è amico
della linea e non va inserito nella blacklist degli alimenti vietati.
Ovviamente non bisogna eccedere con le quantità sia per non avere l’effetto
contrario (aumento di peso) sia per non sviluppare una vera e propria
dipendenza poiché è un alimento in grado di svilupparla proprio come avviene
per l’alcol o altre sostanze.
Di contro, il cioccolato al latte, il cioccolato bianco o
quello contenuto negli snack e
dolciumi vari, per quanto gustosi possano essere, non sono affatto
benefici per chi desidera perdere peso. Il cioccolato al latte e quello bianco,
oltre ad essere più poveri di flavonoidi, hanno anche un potere energetico
superiore del 10-15% e contengono piccole quantità (15-35 mg) di colesterolo,
che è invece assente nel fondente.
Come si riconosce il cioccolato fondente, quello più ricco di antiossidanti? La percentuale di cacao è sempre riportata in etichetta e, nel caso della varietà extra-fondente (conosciuto anche come nera o amara), di solito è ben evidenziata su tutta la confezione.
Dal punto di vista quantitativo, il contenuto in flavonoidi del cioccolato fondente si
avvicina a quello dei frutti di bosco (alimenti antiossidanti per eccellenza),
mentre sotto il profilo qualitativo rispecchia, con le sue catechine, il potere antiossidante del the verde. Questi
antiossidanti naturali limitano gli effetti negativi associati a elevati
livelli plasmatici di colesterolo ed in modo particolare della sua frazione
"cattiva", data dalle lipoproteine LDL. Così facendo, grazie anche
all'effetto antinfiammatorio dimostrato
in vitro, i flavonoidi proteggono le arterie dai danni dell'aterosclerosi e
prevengono malattie cardiovascolari come l'infarto e l'ictus. Il consumo
quotidiano di piccole quantità di cioccolato fondente è inoltre in grado di
abbassare lievemente la pressione arteriosa.
Nonostante sia poco biodisponibile, il cioccolato è una buona fonte di ferro (questo
spiega la colorazione scura delle feci in seguito ad un'abbuffata di cioccolato
fondente), ma anche di fosforo e potassio. Infine, con i suoi quasi 300 mg di
magnesio per 100 grammi, il cioccolato rappresenta una delle fonti dietetiche
più ricche di questo minerale dall'importante ruolo energetico e metabolico.
I trigliceridi contenuti nel cioccolato fondente contengono
approssimativamente un 33% di acido
oleico (lo stesso presente nell'olio di oliva, con proprietà
ipocolesterolemizzanti), un 33% di acido
stearico (con effetto neutro sui livelli plasmatici di colesterolo) ed un
33% di palmitico (acido grasso
saturo dalle proprietà ipercolesterolemizzanti).
Fate ovviamente attenzione a non cadere in errore: i flavonoidi non cancellano grassi e calorie!! L'eccesso di calorie è associato al sovrappeso, che a sua volta è implicato nell'insorgenza di un numero impressionante di patologie.
EFFETTI COLLATERALI DEL
CIOCCOLATO
Il cioccolato viene spesso escluso dalle diete mirate al
trattamento del mal di testa in quanto contiene tiramina, feniletilamina e favorisce la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore eccitatorio che, se presente in
difetto, è causa di cali patologici dell'umore (ecco spiegato l'effetto
antidepressivo del cioccolato), mentre se presente in eccesso si accompagna ad
emicrania.
Tali sostanze
sarebbero implicate anche nella cosiddetta "dipendenza"
da cioccolato, che, qualora fosse confermata in maniera univoca,
spiegherebbe il fascino irresistibile che esso esercita per molte persone. Le
stesse ammine sono responsabili delle reazioni
pseudoallergiche (puntini rossi sulla cute accompagnati a prurito) che
possono affliggere individui predisposti dopo una scorpacciata di cioccolato.
Il contenuto in caffeina
e teobromina, una sostanza
caffeino-simile, è relativamente modesto e può causare problemi solo alle
persone ipersensibili alla loro azione eccitante.
Essendo ricco di ossalato,
un antinutriente che complessa il calcio a livello intestinale impedendone
l'assorbimento, andrebbe consumato con moderazione da chi soffre di osteoporosi
e demineralizzazione ossea.
Il cioccolato viene inoltre sconsigliato nella dietoterapia
di molte affezioni a carico
dell'apparato digerente, come ernia iatale, reflusso gastroesofageo e
gastrite.
giovedì 6 aprile 2017
Latte di mandorla fatto in casa
Il latte di mandorla ha un alto contenuto di vitamina E ed è un antiossidante naturale che aiuta a prevenire il cancro e a ritardare il processo di invecchiamento. È fonte di vitamina A, vitamina D, proteine, Omega 6, zinco, calcio, ferro, magnesio e potassio
Ecco come prepararlo in due semplicissimi step. Una soluzione perfetta per la prima colazione!
martedì 4 aprile 2017
Dieta mediterranea e olio extravergine d'oliva
Nella prima parte dell'incontro, la dott.ssa Stefania Dellatte (biologa
nutrizionista e tecnologa alimentare) e la dott.ssa Elisabetta Pansini
(psicologa e psicoterapeuta) parleranno di "dieta mediterranea" con
particolare riguardo al momento conviviale. Dopo una pausa musicale e
poetica curata dal trombettista Giuseppe Morelli e l'attore teatrale
Giuseppe Francavilla, la Dott.ssa Titti Zagaria (dietista) e il Dott.
Giuseppe Lombardi (tecnologo alimentare) parleranno di "olio
extravergine di oliva ed altri grassi da condimento).
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