Trattiamo oggi un altro tema delicato, ossia quello dell’alimentazione legata ai casi di cardiopatia, ossia quelle malattie che
interessano il cuore sia a livello funzionale che organico. Purtroppo le
malattie cardiovascolari sono in frequento aumento e questo fa si che la dieta
di un paziente debba essere modificata in relazione alla patologia per cerare
di prevenire e/o limitare i danni.
Per prima cosa suddividiamo le cardiopatie in due macroaree:
- Congenite (ossia presenti fin dalla nascita; tra le più comuni troviamo: Ipertensione polmonare, Sindrome di Eisenmenger, Aritmie cardiache, Difetto interatriale, Difetto interventricolare, Cor triatriatum, Fistola artero-venosa)
- Acquisite (cioè insorte successivamente)
Possiamo inoltre distinguere due patologie di pazienti differenti:
- Affetti da patologia ischemica con funzione contrattile conservata: pazienti con storia d’infarto miocardico che spesso presentano molteplici fattori di rischio tra cui dislipidemia (elevati valori di colesterolo e trigliceridi), per cui va attuata una dieta ipolipidica (cioè povera di grassi) e ipertensione arteriosa, per cui si rende necessario ridurre l’apporto salino.
- Affetti da scompenso cardiaco cronico: in questi pazienti è fondamentale regolare l’apporto idro-salino, per evitare di sovraccaricare ulteriormente di liquidi un sistema emodinamico già in equilibrio precario, pertanto si deve correggere l’opinione diffusa secondo la quale è necessario bere molto per urinare molto.
La concentrazione ematica di colesterolo è un fattore
di rischio importante per l’insorgenza della cardiopatia coronarica. Il
colesterolo si trova nel sangue in forma libera (30 - 40%) ed esterificata (60
- 70%); nell’adulto ha valori normali di 150 - 200 mg/100m, mentre durante la
gravidanza, l’allattamento o le mestruazioni possono leggermente aumentare. In
condizioni normali il colesterolo LDL (cattivo) è inferiore a 200 mg/100 ml,
mentre per quanto riguarda l’HDL (buono) valori normali sono per l’uomo
maggiori di 35 mg/100 ml e per la donna di 45 mg/100ml. La mortalità sale
per livelli di colesterolemia superiori a 200-220 mg/dL. Il legame tra
colesterolo e cardiopatia ischemica è stato accertato da diversi studi di
popolazione.
Altro valore preso in considerazione per valutare il ricambio
lipidico è la trigliceridemia. Corrisponde ai grassi neutri che
rappresentano i grassi di riserva dei tessuti e si trovano in scambio costante
con quelli circolatori. In condizioni normali si hanno valori di 74 - 170 mg%;
in condizioni fisiologiche aumentano in seguito a pasti ricchi di grassi e nei
soggetti con disturbi glicemici.
Nelle costituzioni predisposte alle cardiopatie, è tipico il prevalere di fenomeni anabolici
rispetto a quelli catabolici, anche nella fase geriatrica della vita, il che si
manifesta con un sistema muscolo scheletrico molto ben rappresentato anche in
assenza di attività sportiva di vario tipo. Dal punto di vista
psico-comportamentale sono dei soggetti squisitamente dominanti, attivi,
intraprendenti, dotati di capacità organizzativa e dirigenziale, tanto da
rassegnarsi raramente a ruoli da sottoposti o dipendenti.
Vi fornirò una serie di consigli per una dieta sana ed
equilibrata, tenendo conto ovviamente che ciascun paziente a seconda dei
diversi fattori di rischio dovrà adottare ulteriori accorgimenti che lo
specialista saprà consigliare di volta in volta, anche in considerazione del
peso corporeo. Perciò NO ALLA DIETA FAI DA TE.
Partiamo
subito dalle bevande. Durante i pasti
è consentito un bicchiere di vino rosso,
in quanto contiene polifenoli ossia sostanze antiossidanti e protettive per
l’apparato cardiovascolare. Tè e caffè andrebbero evitati poiché
aumentano la frequenza e il lavoro del muscolo cardiaco. Tuttavia, è possibile bere il tè a lunga infusione.
Infatti dopo 7/8 minuti di infusione la teina precipita ad opera dei tannini e
le sostanze nervine del te perdono di efficacia.
La carne, alimento con alto contenuto di
proteine e ferro, è da selezionare con attenzione, prediligendo i tagli più magri con minor contenuto di
colesterolo e grassi. Tra le carni
bianche si consigliano coniglio, pollo e tacchino; tra le carni rosse si può scegliere tra
vitello, manzo magro, lonza di maiale e cavallo. La selvaggina è preferibilmente da evitare per l’elevato contenuto in
grassi e sale.
Il pesce è ricco
di proteine e fosforo; la sua caratteristica nutrizionale è data dalla carne
povera di colesterolo ma ricca di grassi buoni come gli omega 3 che proteggono l’apparato cardiovascolare. Tra i pesci magri si annoverano branzino,
orata, platessa, sogliola, nasello, merluzzo, palombo, trota, pesce spada,
dentice, polpo e frutti di mare. Dovrebbe essere consumato almeno 3-4 volte
alla settimana. Cotture consigliate: al forno, al vapore e alla griglia perché
permettono di mantenere le proprietà organolettiche senza aggiungere condimenti
grassi.
Le uova vanno
consumate 1-2 volte alla settimana, in quanto alimenti ricchi di grassi.
Durante la cottura evitare burro o margarina e prediligere uova alla coque, in
camicia e sode.
Anche i formaggi
sono ricchi di grassi e sale, specie quelli stagionati. È consigliabile quindi
scegliere sempre i prodotti freschi come ricotta, mozzarella, crescenza e
robiola. Il formaggio non andrebbe consumato più di 2-3 volte alla settimana e
non va dimenticato che è una pietanza completa.
I salumi
contengono molto sale e spesso anche parecchi grassi. Quelli consigliati sono bresaola, prosciutto cotto e crudo
sgrassati. Possono fungere da
secondo piatto massimo 2-3 volte alla settimana, ricordandosi sempre di
eliminare il grasso visibile.
I cereali, alimenti di origine vegetale, che
sono contenuti in pasta, riso, pane, orzo, polenta, etc. devono essere presenti
nella dieta di tutti i giorni, senza esagerare con le quantità ed
evitando condimenti troppo elaborati e ricchi di grassi.
I dolci sono ricchi di zuccheri e vanno consumati solo saltuariamente. È
consigliabile scegliere quelli semplici e fatti in casa come le crostate di
frutta.
Frutta e verdura sono ricchi di fibre, vitamine e
sali minerali, per questo motivo devono essere sempre presenti nella
alimentazione del cardiopatico. Frutta e verdura, meglio se di stagione,
possono essere consumate senza limiti e sfruttate anche come possibilità di uno
spuntino fuori pasto.
Per quanto riguarda il sale
da tavola (cloruro di sodio) è presente in tutti gli alimenti, nelle carni
lavorate, nei cibi conservati, nei surgelati pre-cucinati e in tutti i tipi di
snack. Il sale in eccesso, a lungo andare, può far aumentare la pressione
arteriosa ed è preferibile sostituirlo con erbe,
spezie e succo di limone o comunque aromi naturali. In alcuni casi
particolari è necessario adottare una dieta a scarso contenuto sodico.
Bisognerà moderare
l'uso di alimenti che aumentano la coagulabilità del sangue, in particolare
i formaggi stagionati, i cibi con vitamina C (agrumi, kiwi, broccoli, peperoni,
ecc.) e K (zucca, carota, ecc.), oltre a quelli ricchi di ferro ed emoglobina,
come la carne rossa. Particolare attenzione dovrà essere posta all'introito di sali minerali, attraverso non tanto e
non solo il comune sale da cucina, ma anche di tutti gli altri sali e degli
alimenti ricchi di ossari, di cui non sempre si tiene debito conto. In casi
particolari, potrà essere utile anche una riduzione, se non addirittura
un'esclusione, del glutine.
Per intendere l’importanza del ruolo dell’alimentazione in
questa patologia si può tenere in considerazione l’andamento della mortalità
osservata negli Stati Uniti d’America, dove un’adeguata campagna di educazione
alimentare ha ridotto l’incidenza di
mortalità, del 25% in soggetti di età compresa tra i 35 e 74 anni, mentre
gli ictus cerebrali sono diminuiti addirittura del 35%. Si è potuto osservare
che nell’arco di un anno, oltre 200.000 persone in più sono rimaste in vita e
quasi 100.000 casi di morte per infarto del miocardio sono stati evitati. Altro
fattore che ha contribuito è stato anche il minor consumo di sigarette e
l’incremento dell’attività fisica.
Per consulenze personalizzate, potete contattarmi in privato.
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