sabato 31 dicembre 2016
martedì 27 dicembre 2016
Cottura trifolata, soffritta e ripassata: cosa bisogna sapere?
Differenti dalla frittura
vera e propria, in questi casi il mezzo lipidico costituisce solo un modo per
impedire che l’alimento bruci a contatto diretto col calore. Nella maggior
parte dei casi si tratta di cotture riguardanti vari tipi di verdure.
Per esempio nella modalità TRIFOLATA si tagliano in piccoli pezzi
vegetali come funghi, zucchine, carciofi, melanzane (ecc.) e si mettono a crudo in una padella nella
quale si fanno soffriggere leggermente aglio o cipolla, o erbe aromatiche
varie, in un fondo di olio extravergine
d’oliva. L’alimento si lascia insaporire finche non evapora la sua quota d’acqua
e la cottura non è completa.
In altri casi, ma in
particolare per chi soffre di problemi
gastrici, verdure come la cicoria, l’indivia belga, gli spinaci o altre
verdure a foglia, dopo essere state
bollite vanno RIPASSATE, in
quanto l’eliminazione dell’acqua in presenza dello strato lipidico che contorna
l’alimento facilitano l’azione dei succhi gastrici. Per questi tipi di cotture
è indicato l’impiego di padelle in ferro, in particolare nei soggetti con
anemia sideropenia, ma anche per aumentare la biodisponibilità dei vari nutrienti,
in quanto il ferro liberato dalla stoviglia si comporterà da carrier per tutte
le reazioni biochimiche cellulari.
Infine il SOFFRITTO, grazie al quale molte
preparazioni si rendono più digeribili
oltre che più gustose. Per esempio
per la realizzazione del ragù, la carne preventivamente soffritta subirà una
minore perdita di nutrienti e sarà tollerata meglio dall’organismo. Invece se
fosse immersa direttamente nel sugo subirebbe una denaturazione totale delle
proteine e la saturazione della quota lipidica oltre a non produrre alcun tipo
di stimolo epatico
giovedì 22 dicembre 2016
Indicazioni per una corretta bollitura, sbollentatura e sobollitura
Bollire dei
cibi comporta una sensibile perdita dei
valori nutrizionali, in parte recuperabili dal liquido di cottura.
Gli alimenti immersi nell’acqua
tendono a perdere nel brodo alcuni nutrienti. Ad esempio la carne messa in acqua fredda e portata ed ebollizione perde nel
brodo una discreta quantità di proteine di grassi, dal 50 al 70 % dei minerali
e buona parte delle vitamine del gruppo B e dell’acido pantotenico. Al
contrario, se la carne è immersa in
acqua calda si riduce la fuoriuscita di nutrienti e l’alimento e mantiene
un buon valor nutrizionale.
Anche per gli ortaggi la maggior parte dei minerali e
delle vitamine passa nel liquido di cottura. Infatti la cottura in acqua provoca la fuoriuscita dei composti
idrosolubili tra cui la vitamina C e quelle del gruppo B. Anche i Sali minerali
vengono persi nel liquido di cottura, il che può essere vantaggioso in alcune
condizioni cliniche e meno utile nei soggetti disidratati e demineralizzati. Per
la vitamina A non idrosolubile e abbastanza resistente al calore la perdita è
meno significativa.
Per ottenere i migliori
risultati sia sul piano del gusto che su quello del valore nutrizionale è
necessario seguire particolari accorgimenti per una corretta BOLLITURA:
- Salvo che per la pasta e per il riso, la bollitura va fatta in acqua bollente non salata, in quanto il sale durante la cottura faciliterebbe la formazione di aggregati cristallini, che potrebbero provocare difficoltà a livello renale.
- Nel caso specifico di pazienti affetti da patologie organiche del rene, che non potrebbero tollerare un carico eccessivo di Sali, si realizza la doppia bollitura delle verdure mettendole a bollire e contemporaneamente preparando sul fuoco una seconda pentola con acqua. A metà cottura si scola l’alimento eliminando i Sali già persi in diluizione nella prima acqua e si immerge nel secondo recipiente per completare la cottura.
La SBOLLENTATURA consiste nell’immergere un alimento per breve tempo in
acqua bollente, scolandolo pochi minuti dopo la ripresa del bollore. Generalmente
si effettua come passaggio preliminare, ed esempio per le verdure al gratin o
ripassate. Lo scopo è quello di intenerire,
impoverire di sali o semplicemente rendere commestibili alcuni alimenti.
Un caso particolare è la SOBOLLITURA, vale a dire il riscaldamento
di un liquido senza arrivare alla fase di ebollizione, con tutte le
caratteristiche fisico-chimiche che comporterebbe. Tale modalità è utilizzata
soprattutto per il latte allo scopo
di evitare la classica schiuma, espressione sia della formazione di micro
bollicine d’aria, (con complicanze digestive per pazienti a rischio) che di
saturazione del prezioso e delicato patrimonio lipidico di questo alimento
primordiale per tutti i mammiferi.
lunedì 19 dicembre 2016
Avvertenze e segreti della cottura alla griglia o alla piastra
Si tratta di un metodo di cottura estremamente
naturale, che può essere utilizzato
all’aperto anche senza particolari attrezzature. Sulla piastra o sulla griglia
le vivande, e in particolar modo la carne, cuociono in un ambiente asciutto, senza l’accumulo
di vapore che si forma intorno all’alimento cotto ad esempio in forno.
Come sempre è tuttavia
necessario tenere a mente alcune avvertenze:
- La cottura alla piastra o alla griglia con legna o carbone di legna è veloce e denatura pochissimo i cibi.
- Da evitare la cottura a fiamma diretta da gas di città per la cancerogenicità degli idrocarburi.
- Da evitare l’impiego di legno trattato con vernici.
- Il posizionamento del cibo deve avvenire quando il calore è al massimo in modo da provocare un’agglutinazione delle proteine di superficie della carne, salvaguardando l’integrità dei nutrienti interni.
- La carne non va punta durante la cottura per non causare la fuoriuscita dei succhi interni e la salatura deve avvenire solo alla fine poiché il sale richiama i liquidi e l’alimento seccherebbe troppo.
- Dopo l’uso la griglia o la piastra vanno accuratamente spazzolate, pulite con uno straccio e leggermente unte con olio extravergine d’oliva per evitarne l’ossidazione
Il vantaggio di questo tipo di cottura, almeno per quanto riguarda
alcuni tipi di carne come maiale o abbacchio, consiste nel fatto che una consistente quota lipidica viene persa
per percolamento, rendendole idonee anche nell’alimentazione di pazienti
con ipercolesterolemia e dismetabolismo lipidico.
giovedì 15 dicembre 2016
Come eseguire correttamente la cotture affogata o la cottura stufata
La cottura affogata
consiste nel mettere la verdura cruda direttamente in un fondo di extravergine
d’oliva bollente, chiudendo con il coperchio e facendo in modo che l’alimento
possa stufare nella sua stessa acqua evaporata. Anche in questo caso il potenziale nutrizionale dell’alimento
viene preservato al massimo, ma la digeribilità non è ottimale e le
controindicazioni riguarderanno ancora una volta le patologie renali.
Simile è la cottura
stufata, che consiste nel far cuocere l’alimento a calore moderato, in una ridotta quantità di liquido o di grasso. Questo
metodo è spesso utilizzato per tagli di carne piuttosto duri. Normalmente si
aggiungono alla vivanda anche verdure, erbe aromatiche e spezie, che ultimata
la cottura, vengono serviti assieme alla carne, di cui possono favorire la digeribilità o esplicare
diverse funzioni organiche.
E voi siete amanti di questi metodi di cottura?
lunedì 12 dicembre 2016
Cosa non sapevi della cottura al forno
La cottura al forno non è
indicata nei casi di difficoltà della funzione renale o di imbibizione
organica. Infatti, rispetto alla cottura al vapore, si verifica una disidratazione dell’alimento ed una concentrazione dei nutrienti e dei sali
maggiore.
Ad esempio, le zucchine cotte
a vapore rilasciano nel fondo della casseruola un liquido verdastro ricco di sali
dispersi; cosa che invece non avviene durante la cottura al forno perciò i sali
vengono trattenuti.
Per limitare in parte questo
inconveniente, gli alimenti vanno messi
nel forno già riscaldato alla temperatura prevista, in modo da provocare la
formazione di una crosta di superficie e salvaguardare i nutrienti interni.
Modalità particolari di
cotture al forno sono quella al gratin
(che prevede la copertura dell’alimento con il pan grattato) o in besciamelle (che comporta modifiche
significative dei componenti del latte e del burro, controindicate ne i soggetti
che lamentano difficoltà della funzione epato-biliare).
venerdì 9 dicembre 2016
Cottura al vapore, tutto quello che c’è da sapere
Dal punto di vista della conservazione dei principi
nutritivi dell’alimento, quella al vapore costituisce una delle migliori
modalità di cottura, in quanto i cibi
cuociono a temperature relativamente basse, di solito inferiori a 100°C se
non si usa la pentola a pressione. Per questa
ragione si hanno perdite minime di
vitamine e minerali e i cibi mantengono pressoché inalterati i sapori e gli
aromi.
Essa si presta soprattutto per cucinare ortaggi e pesci, che in
questo modo conservano intatti l’aroma e i valori nutritivi.
È meno consigliabile
per le carni che in generale necessitano di temperature elevate all’inizio
della cottura per non disperdere i succhi in esse contenute.
Per la concentrazione
dei sali, la cottura al vapore è molto indicata nei bambini o negli
adolescenti in accrescimento o nelle persone denutrite, nei pazienti
disidratati dopo forme influenzali con febbre elevata e tutte le volte che si
verifichi una profusa perdita di liquidi.
Per le stesse ragioni, tuttavia, essa sarà controindicata nei pazienti renali e
nei soggetti imbibiti ed ipertesi.
martedì 6 dicembre 2016
Sai che una corretta frittura preserva al massimo i nutrienti degli alimenti?
La frittura è un metodo di cottura
per concentrazione molto antico, attuata con un mezzo lipidico portato a temperatura elevata, impiegando una
padella oppure una casseruola a bordi bassi, che garantisca la più rapida
disidratazione dell’alimento. Pur essendo considerata una tecnica difficile,
diventa automatica una volta che se ne siano compresi bene i semplici principi
basilari e si sia fatta un po’ di esperienza. La frittura è un metodo diffuso
in tutto il mondo e noto dai tempi più antichi. Già durante l’impero romano si
friggevano i cibi, sia dolci che salati, solitamente nell’olio di oliva. Una
ricetta del periodo, la frictilia, è
la probabile antenata delle attuali chiacchiere di carnevale. Pur essendo una
delle modalità di cottura più discusse da parte della moderna Scienza
dell’Alimentazione, la frittura ha retto la prova del tempo. Bisognerebbe considerare criticamente non
la frittura in sé, ma con che cosa e come si frigge!
La temperatura del mezzo lipidico deve essere elevata,
ma non tale da bruciare l’esterno dell’alimento prima che l’interno sia cotto. Infatti, dal centro dell’alimento si sprigiona vapore
man mano che esso cuoce, formando delle bollicine in superficie. Questo
processo chimico centripeto, ostacola la penetrazione del grasso all’interno. Quindi
un buon fritto è quello che presenta
ancora una traccia di umidità all’interno, poiché la quota lipidica non
deve penetrare, se non in quantità minima. In ogni caso, per ottenere un fritto
leggero e croccante, bisogna usare abbondante
olio e, soprattutto, fare attenzione
alla temperatura, che dovrà essere elevata ma sempre al di sotto del punto di fumo.
Il consiglio nella frittura è
quello di usare olio extravergine di
oliva che, a seconda delle varietà, ha un punto di fumo mediamente intorno ai
180°C, e non gli oli di semi, economici e con un punto di fumo apparentemente
alto. Un olio abbastanza stabile è quello di arachide, che ha un punto di fumo intorno ai 200°C.
Tuttavia, i grassi
normalmente subiscono fenomeni naturali di ossidazione, ma a temperatura
elevata e in presenza di ossigeno atmosferico, le reazioni di ossidazione sono notevolmente accelerate.
L’intensità del processo ossidativo viene contrastata dalla presenza di
sostanze antiossidanti. Fra tutti gli oli, soltanto quello extravergine d’oliva
reagisce in modo molto stabile all’attacco combinato dell’ossigeno e delle alte
temperature, poiché è ricco in sostante antiossidanti. Più elevata è la
temperatura, più facilmente si assiste ad alterazione
dei grassi, che nei casi estremi, possono essere responsabili di effetti tossici, a causa di reazioni di
polimerizzazione, ciclizzazione e isomerizzazione.
Ogni grasso possiede un proprio specifico livello di
tolleranza alle alte temperature,
oltre il quale i trigliceridi si scindono nei loro componenti fondamentali:
glicerolo e acidi grassi. Il glicerolo costituisce lo scheletro dei
trigliceridi, e si disidrata formando l’acroleina, che è una sostanza volatile
di odore pungente con azione irritante nei confronti della mucosa gastrica e
tossica per il fegato. Gli acidi grassi
subiscono la termo-ossidazione con formazione di perossidi, e successivamente
si origineranno composti dannosi come aldeidi, chetoni e polimeri.
Le sostanze antiossidanti contenute nella quota in saponificabile dei
lipidi, oltre agli effetti biologici e ai benefici nutrizionali, spiegano la stabilità dell’olio extravergine d’oliva e
ne giustificano la maggiore conservabilità e resistenza al calore, cioè alla
cottura in generale e alla frittura in particolare, rispetto agli altri oli di
semi. Questa presenza di agenti antiossidanti contenuti nelle drupe (olive) non
viene significativamente ridotta dal metodo di estrazione, che avviene a freddo o a temperature non elevate, mentre
per altri tipi di oli si usano solventi chimici come l’esano. I processi di raffinazione, infatti,
disperdono del tutto o in gran parte i componenti della quota in saponificabile
e questo si traduce in una perdita di antiossidanti.
La frittura realizzata in modo corretto, nonostante lo shock termico che altera le molecole
superficiali, in virtù del brevissimo tempo di cottura, preserva al massimo i nutrienti interni, provocandone alterazioni
meno marcate rispetto a qualsiasi altra modalità d’impiego del cotto. Inoltre, la disidratazione veloce, con la minima
impregnazione lipidica, inferiore a quella delle cotture al forno o ripassare
in padella, facilita l’azione dei succhi
digestivi.
Per la loro azione di stimolo epato-biliare,
nella composizione dei pasti, gli alimenti fritti devono
essere associati ad altri che contengono grandi quantità di acqua di
vegetazione, indispensabile per sostenere biochimicamente il lavoro
epatico richiesto dalla frittura stessa.
La frittura può essere con o
senza rivestimento. Oltre a quelle semplici, con immersione dell’alimento in
olio bollente (che si può ottenere anche con la friggitrice a condizione di
averne un’accurata manutenzione) esiste la frittura dorata.
Il fritto
dorato consiste nel passare l’alimento prima nella farina e poi nell’uovo
prima di immergerlo nel mezzo lipidico bollente. L’effetto organico sarà quello
di uno stimolo epato-biliare molto intenso, dato sia dalla modalità frittura
che dall’uovo che costituisce il rivestimento più esterno a diretto contatto
col calore.
La frittura panata, invece, si distingue in quanto il cibo da friggere viene passato
prima nell’uovo poi nel pan grattato e talvolta anche nella farina. Il contenuto
di carboidrati di questi due ultimi componenti rende questa frittura utilizzabile
anche da individui con funzionalità del fegato meno efficiente.
Ancora più tollerabile è la frittura in pastella, utilissima per
numerose verdure, ma anche per filetti di pesce o carne. Per ottenere una
pastella semplice che rimanga asciutta e non assorba olio, s’impasta la farina
con l’acqua, variando nella fluidità a seconda dell’alimento che si deve cuocere,
e aggiungendo un cucchiaio di olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale.
Infine, la frittura dopo infarinatura semplice
assorbe una maggior quantità di olio rispetto alle altre modalità e quindi può
rivelarsi meno digeribile e meno adatta per individui a rischio di patologie.
È importante che i fritti non vengano salati prima
della cottura. Il sale concentra l’umidità
e impedisce la formazione di una superficie croccante, per cui il fritto va
salato al momento di servirlo.
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